Giovanni Consolazione

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PRESENTAZIONI E ARTICOLI

 

Articolo di NIETTA ABRUZZINI  uscito sulla Rivista Culturale “IL POLIEDRO” Novembre 1967

             Giovanni Consolazione mio marito

 Sono già a scrivere di ricordi, ma la vita di un Artista è tutta nel futuro, perciò parlerò di mio marito pittore non col rimpianto di ciò che è stato, ma con l’orgoglio di come Egli sia presente in me, in casa, nell’Arte.

Forte e generoso,  non si è mai chiesto se poteva. Quando una cosa era da lui pensata  veniva attuata come la cosa più semplice e naturale, e tutto gli era facile, dallo sturamento del lavandino in cucina alla intagliatura e patinatura antica delle cornici. Dal rimettere in funzione una valvola della luce  all’aggiustatura di una radio inspiegabilmente muta.

Impiantò la famiglia a Roma, dove quasi fuggì per sottrarsi alle convenzioni e alle restrizioni della famiglia e della provincia, ma, mentre era già tutto preparato (anche la casa), il consenso di mio padre alle nozze gli veniva negato, perché < I pittori sono morti di fame >, diceva. E allora egli, il pittore, nel giro di pochi giorni, si fece assumere all’Istituto Nazionale LUCE come operatore cinematografico, e mi mandò il nuovo biglietto da visita con la sua qualifica d’impiegato stipendiato e così, dopo sette anni di fidanzamento, ci sposammo e incominciammo la nostra vita a due, che però ben presto, dopo solo dieci mesi, divenne a tre  e così via via dal ’40 al ’51 divenne a nove: erano nati ben sette figli.

Ma la sua vita di artista non ne fu menomamente impedita, anzi, nel suo studio di via del Vantaggio, dove ci rifugiammo durante la guerra, dopo che era stato in zona operazioni in Africa e in Aviazione dove fu ferito, se non aveva i suoi bambini che giocavano (e che giuochi, i primi quattro erano maschi), diceva che non sapeva dipingere. Però doveva chiudere colori e tavolozza, tenere alti i quadri, evitare vetri, altrimenti nulla era risparmiato alla loro esuberanza.

Ma in questa atmosfera sono nati i “Fiumi gialli”, “Le Maternità”, i “Ritratti di bimbi” e le donne esuberanti di vita, prosperose, operose, perché io allora un minuto per stare seduta in beata contemplazione non lo avevo di certo, come non avevo donne di servizio, balie o bambinaie.

Col primo “Fiume giallo”, un quadro < visto > ogni giorno attraversando il ponte Regina Margherita, vince il “Premio delle Vacanze” dell’Art Club e meraviglia tutti, critici e pittori, per lo sconvolgimento dei suoi colori e della tecnica.

Da allora non si è più fermato.

Ogni giorno si faceva la sua passeggiata per il “Babuino” (via del Babuino una via romana piena di gallerie d’arte, e quindi un importante polo artistico), incontrando, discutendo, visitando Mostre, poteva sembrare che perdesse tempo, invece, lavorava, come lavorava quando, per un certo periodo, andò a giocare a “boccetta” al Circolo Artistico di Via Margutta, e così nacque il quadro “Il Biliardo” denso di atmosfera, reale nello spirito, astratto nel colore e nel taglio. Opera subito notata, benevolmente criticata dai giornalisti e pacificamente acquistata da quello scopritore di talenti e collezionista che è stato Luigi De Luca, che poi gli dedicò la prima Monografia scritta da Valerio Mariani. Un’altra, monumentale, è stata edita nel ’53 da Porfidi, con presentazione di Guglielmo Petroni.

Ogni tanto si compiaceva di accompagnarci al Pincio, dove andavo spesso con la mia “nidiata”, e dove per anni mi trasferivo per la villeggiatura, e allora i bambini non si accontentavano della mia sola merenda, ma volevano la fetta di cocomero, e così nacquero i “Cocomerai”, il primo dei quali, accettato ed esposto a Venezia nel ’52, dopo solo quattro giorni dall’inaugurazione della Biennale, fu acquistato da Brusadelli di Milano.

Intanto si era diplomato all’Accademia di Belle Arti, aveva vinto il Premio del Ministero della Pubblica Istruzione, era invitato alle Mostre Nazionali e all’Estero.

I collezionisti incominciano ad aumentare di numero, ma Consolazione ha una sua riservatezza nel vendere, e infine, quando l’acquirente riesce a portar via il quadro, ha l’impressione di aver vinto una battaglia, e non se ne accorge di aver lasciato un bel po’ del suo patrimonio personale.

Quando gli dettero il premio alla “Maternità ed Infanzia” per una cartella di disegni  di < Maternità >, il premio era solo di £ 15.000 e i disegni erano 25. Indignata, andai io a ritirare la cartella, rifiutando il premio (e sì, che ci avrebbe fatto comodo, almeno per le scarpe di tutta la famiglia), ma siccome il premio era stato assegnato, lo dovetti prendere, ma lasciai solo un disegno di tutta la cartella. Insomma su di una cosa eravamo fermamente d’accordo: bisogno o non bisogno, l’Arte non si doveva barattare:

Nel ’54 è nominato membro della Commissione per l’accettazione e il collocamento delle opere alla Biennale di Venezia e unico membro italiano per l’assegnazione dei premi internazionali.

Egli è calmo, sereno e soprattutto giusto ed onesto e non si crea nemici. La popolarità che gli crea l’importante nomina non lo inorgoglisce, ma la sua natura generosa lo fa restare sempre l’amico di tutti e il prezioso collaboratore dei massimi esponenti della cultura e dell’Arte.

Quell’anno andai anch’io a Venezia, ospite al “Bauer”, seduta in tribuna d’onore alla cerimonia dell’inaugurazione alla presenza del Capo dello Stato. E i miei figli? Amici pittori con le loro mogli si prestarono ad ospitarli; e io, con un guardaroba tutto nuovo per l’occasione, feci per otto giorni solo la moglie dell’artista. Ma a metà settimana telefonai a Roma….

Alle inaugurazioni delle sue Mostre personali tutta la famiglia è sempre presente. I ragazzi stanno calmi e composti e io ricevo per loro i complimenti. Il pittore sembra estraneo a questi convenzionalismi ma io so che gli fa piacere, e anche se non li degna di uno sguardo, i quadri parlano chiaro: su di una buona percentuale siamo raffigurati solo noi. E quando partecipa al Concorso Nazionale per affrescare le lunette del Quadriportico Monumentale del Verano (Concorso che vinse per ben due affreschi), ai bozzetti mette i nomi dei figli.

Nel ’56 vince il Concorso Nazionale per la cattedra di Disegno al Liceo Artistico e viene destinato alla sede di Bologna. Per due anni va a Bologna due volte la settimana. Arriva, tiene lezione, fa uno spuntino e riparte per Roma, dalla sua famiglia, dalla quale non si sa sentire lontano ed infatti anche nella nuova casa di via Valenziani, si è fatto costruire lo studio dal quale vede tutta Roma e i Castelli Romani. E qui prepara le nove opere per la Quadriennale di Roma del ’56 dove vince il Premio Lazio, qui prepara i quadri di Arte Sacra con cui vince il premio Assisi e a Caltanissetta, dove le sue notissime “Crocifissioni” si vendono a ritmo serrato, dove la sua  ambita collaborazione a riviste e giornali si fa sempre più richiesta, dove vengono girati documentari e interviste.

Nella quiete del suo studio assolato e arioso sbriga la sua attività di Segretario Generale dell’UNESCO per le Arti plastiche, incarico che lo porta spesso all’Estero in diretto contatto con gli Artisti di tutto il mondo, raccoglie e consulta la sua biblioteca che man mano si è andata arricchendo di pubblicazioni d’Arte tra le migliori e di Enciclopedie dalla Treccani alla Universale d’Arte.

Ed ora che i suoi figli non mettono più in disordine, ma ordine nel suo studio, tra le sue cose, ora che già uno di essi è papà e i “piccoli” sono ai Licei, io continuo a guardare ai suoi quadri e sculture come a cosa viva e palpitante, e continuare la sua opera, organizzare Mostre, ricevere i suoi amici, rispondere ai giornalisti, per me è cosa naturale e non significa vivere di ricordi.

                            

                                                                                                                        NIETTA ABRUZZINI

 


 

Giovanni Consolazione                     Vincenzo Roppo, Bari  1932 

 

 

La mostra del giovane pittore Giovanni Consolazione rassoderà tra i suoi conoscenti il lusinghiero giudizio, che già da tempo di lui si era formato; e rivelerà d’un tratto al gran pubblico una promettente giovinezza d’artista, cui è destinato un luminoso cammino.

In questo compendioso giudizio vi è, ov’io non m’inganni, quanto di meglio possa augurarsi un giovane artista al primo cimento di una mostra personale. E penso esser dannevol cosa a giovane artista l’inebriante lode, che narcotizza lo spirito, più che non valga il pungolo di sana critica, che scuotendolo gli designi in avvenire l’erto cammino per luminose mète.

A men di 24 anni, quanti ne conta Giovanni Consolazione, nato a Gravina di Puglia il 12 Agosto 1908 — ed oggi residente in Bari — è già molto per una promettente ascesi d’arte — E non è trascurabil cosa essersi già creata una eletta schiera d’ammiratori e la favorevole aura di popolarità, che in lui da tempo saluta un artista di eccellenti qualità.

Giovanni Consolazione nella copiosa messe di circa ottanta soggetti, che sottopone alla critica, passa con uguale maestria e versatilità dal ritratto al bozzetto, da natura morta a tocchi impressionistici, dal quadro di fantastica composizione al paesaggio largo e luminoso, dai suoi tenui crepuscoli filtranti tra verdi ombre di pini maestosi, e sbocca nella silente pace di campagne Gravinesi, ov’è sperduta una chiesetta sul degradante sfondo di colline murgiose sotto cielo annunziatore di pioggia, o si adagia nel mistico raccoglimento di S. Maria de Cripta’, presso Modugno l’antica Badia Benedettina, sogguardante dall’acclivio di verde vallata. Le bonacce e le mareggiate schiumanti d’attorno alle scogliere o gli opalescenti tramonti sul mare volta a volta lo tentano e l’ammagliano nelle seducenti calme azzurrine del CHIANCARELLO di Triggiano con ondoleggianti barche a riposo. Ritrae maestrevolmente RUSTICI dì stalle suburbane, e NORIE dissetanti nella canicola estiva gli orti, e gruppi di vele prossime a disciogliere il volo alla prima luce albare sulla placida onda del già vecchio porto barese, che la febbrile opera cittadina interra, e che Consolazione ferma su quadri aventi anche per l’avvenire valore di documentazione storica. Bari vecchia, che se ne va, riappare con i suoi angoli nascosti, e con gli archi ricchi di luci ed ombre, o con i portali e le navate del Duomo e della Basilica di S. Nicola.

E lontano di qui i silvestri dirupi e le rampe scoscese della natia e pittoresca sua Gravina, e il giovane Consolazione rievoca nella sua opera, sente, carezza, e blandisce di toni delicati.

Non è egli solo un forte disegnatore, ma un armonico colorista. Non è un arido ricercatore di fredde bellezze stilizzate, ma un vivo e sentimentale artista, che si confonde all’unisono del paesaggio, e ve lo fa gustare nell’ascosa poesia.

Attraverso una linea, uno sfondo, una figura egli fa pensare, gioire, meditare e commuovere. L’immagine artistica così come gli balena nella prima visione concezionale rende duttile col pennello, fonde nella dolce musica dei colori, ed egli v’impone così un pensiero, vi attanaglia e vi commuove.

     Pieghevole e varia la sua tavolozza, Consolazione sa spaziare dalla mugghiante ira del mare, che attacca orride scegliere polignanesi, ai blandi declivi del Picone, vigilati da chiomati pini, e dagli archi d’accesso delle rampe gravinesi egli fa scendere, ravvolte nei caratteristici panni, le donne del volgo. Passa con facililà dal sorriso maliziosetto di bimba al raccolto pensiero di piccolo Balilla, che ferma sul quaderno le italiche glorie dei trasvolatori Oceanici, sognandone il prèmio scolastico, od al dolce carezzevole sogno d’amore di dormiente fanciullo, sotto i tenui sguardi della mammina agucchiante, o diventa triste melanconia di vecchi fiaccherai, dopo la pioggia, in attesa sulla piazza deserta di passeggieri che non vengono.     

L’aspetto culminante di Consolazione, forse il più promettente, è quello dal ritratto, ch’egli rende vivo parlante al personaggio, che dalla vita egli ruba al tempo che vola.

Donde viene? Dove va Egli in arte? Autodidatta, conosce sè stesso, e si svolge in meglio. E’ un ecclettico, che sa afferrare il bello, e rifonderlo con indipendenza nel suo IO artistico. A Napoli frequentò gli studi di Irolli, Galante, Cannata, De Gregorio ed altri. Agglutina il meglio, senza essere schiavo di chicchessia.

Le aberrazioni novecentiste non lo soffocano; ed egli con spigliatezza nuova propende verso l’ottocentismo tra visioni più calme e serene dell’eterna primavera d’arte.

Lavora dal vero. Interpreta le ascose voci del paesaggio e della natura.

Giovanni Consolazione è sulla via progrediente e luminosa dell’arte. Non gli mancherà quindi il successo morale e materiale. Egli farà lungo cammino se vincerà sè stesso, senza tregua e riposi, salendo sempre per l’erto cammino e disciogliendo il suo IO artistico dalle inevitabili scorie ed imperfezioni in cui l’arte pura sempre celasi timidamente dapprima di concedersi intiera ai suoi alunni con tutte le sue grazie e le sue malie.

 

Bari, 1 Giugno 1932 - A.X.                              Vincenzo Roppo  

 


 

LA PITTURA DI CONSOLAZIONE                       Attilio Crespi 1949

 

Chi cercasse nella pittura di Giovanni Consolazione un riferimento piano e normale alla natura, sarebbe fuori strada, e non perché il temperamento dell’artista sia complicato o proceda fuori dai limiti della convenzione, ma soltanto perché la sua effusione cromatica e sentimentale trasborda dai limiti della concezione consuetudinaria del colore e della sensibilità.

I suoi riferimenti topografici li diremmo pressoché casuali: la sua simpatia li ha scelti e il ricordo li ha trasformati. Il disegno li evoca sotto forma di esagerazioni, di incanti, di vessazioni accese di colore smanioso, meridionale; il sentimento dona loro, involontariamente, un gesto che é, ovunque, di braccia protese, di braccia pronte a serrarsi come tenaglia intorno a uno spazio, a una piazza, a un fiume: colore acceso nella forma, effusione accesa nella materia. Nell’esprimersi, talvolta, il travisamento topografico raggiunge il racconto favoloso, straordinario, come in quell’obelisco che pare barcolli — ebbro nel roteare — con l’aria in una piazza, oppure si fa estatico come nel Colosseo, riassorbito nel silenzio del cielo turchino.

Forse, nella pittura di Consolazione, qualche superficiale potrebbe cogliervi una certa inclinazione al barocchismo cromatico e formale, lasciandosi in ciò suggestionare appunto dalla tavolozza farneticante e dalla gesticolazione vivace dei personaggi, ove questi entrino nella sua rappresentazione.

Dovremo rassicurare l’osservatore che ciò non è che pure effetto di un rapido annotare dell’immagine, un corsivo registrato sotto l’impulso dell’emozione?

Il nostro pittore, parte, come è evidente in alcune sue opere precedenti, da una illusione cromatica contenuta nella linea, quasi una campitura di pasta densa di un profilo, che rivela sapienza nella forma e misura nello sviluppo:

doti non comuni, oggi. Se dunque nel raccontare, l’artista sembra abbandonare queste doti è perché nella foga aggiunge pittoricità alla rappresentazione, cioè fruga nella figura per sviluppare nella linea il volume, per dar corpo a quella immagine di cui prima aveva colto solo l’apparizione, la parvenza: e basterà a sostenere la nostra opinione quel saggio, al vero, eseguito in fresco, delle lunette, per dar prova di come, realizzato l’appunto, esso si presenti con una severità e una forza insolita, fiorito dalle caratteristiche drammatiche e passionali del Consolazione —oppure guardare a quella madre che nutre il suo bambino e in cui il clima passionale e cromatico si acquietano in respiro largo e solennemente ritmato — pago della conclusione cui l’opera giunge.

E’ dunque, questa pittura, un fermento dell’immaginazione, una liberazione quasi inconsapevole dagli argomenti della comune suggestione per librarsi nel campo del difficile arbitrio difficile ripetiamo in quanto nè gli argomenti cui si dedica, nè il cromatismo di cui si serve sono ne i più facili ne i più agevolmente accettabili.

Talvolta il rischio cui si sottopongono, soggetto e tavolozza, possono rendere apprensivo l’animo dell’osservatore e indurlo a chiedersi quante volte cadrà lungo il cammino, questo pittore. più che coraggioso. temerario. Ma non sono punto fermo in questa mostra alcune delle opere dell’artista, e che noi abbiamo debitamente indicate?

E poi, un temerario pone sempre qualcosa d’importante sul tavolo da giuoco. E noi siamo per coloro che hanno la temerarietà di giocarsi una reputazione.

               

                                                     Attilio Crespi  1949

 


 

Giovanni Consolazione                                     Ugo Moretti

 

Alla base di ogni arte plastica e figurativa, d’ogni forma derivata e applicata. dall’architettura alla decorazione, c’e come elemento principe il disegno: costitutivo dello stile, indice del carattere, partecipe, più che ogni altra funzione, della personalità.

Giovanni Consolazione ha mantenuto ben ferma questa regola pontormniana attraverso la lunga e consapevole elaborazione delle sue qualità d’artista, e una rassegna dei suoi  più recenti disegni non poteva veder luce in un momento migliore.

    In questo, che segna il raggiungimento di un equilibrio sostanziale della sua pittura del quale sono manifesti testimoni l’agile muoversi della sua produzione e l’avvio del suo nome alla più efficace rappresentatività della generazione impressionistica italiana.

La serietà della sua ricerca, alla quale si rapportano l’estro degli scorci frenetici, delle composizioni cuneari, l’evoluzione febbrile dei segno attraverso un’analisi lucida e crudele della forma umana, ha condotto questi disegni in una posizione quasi testuale e canonica.

L’attaccamento profondo a determinati temi religiosi o popolareschi non è stato per l’artista un vincolo nè una limitazione. Raramente anzi oggi ci è concesso di cogliere fattori di suggestività e di passione e di dramma in una così cruda e moderna sinteticità; e più raramente ancora di osservare con quanta semplice foga un artista può giungere alla lirica dei segni.

Sia nel tratto convulso, folle, lungo degli scorci audacissimi, sia nella morbida e serena duttilità delle nude, sia nel cupo marcare di neri degli appunti per ritratto, Consolazione giunge felicemente ai risultati che si promette. Attento osservatore, sensibile e pronto a registrare nelle proprie le altrui emozioni, a scoprire nelle cose caratteristiche scorcentanti, Consolazione riporta nel disegno, affinandone i rilievi più acuti con uno stile inconfondibilmente suo, quegli elementi veramente essenziali dai quali poi muovere la pittura. Nel luminoso frangersi del suo segno è già sottintesa l’intensità cromatica che segnerà il secondo passo il definitivo, dell’opera.      L’inibizione dall’enfasi, lo svolgersi preciso, parallelo, sincrono degli equilibri compositivi, robustamente classico, e l’intensa e inquieta vibrazione delle fisonomie frugate, scrutate fino alla commozione concludono il campo in cui s’alimenta e cresce ardente, poetica. viva, l’arte di Giovanni Consolazione. E questo quaderno ne è un frutto, oggi il migliore.

 

                                                                                 Ugo Moretti     1950

 


 

 

Giovanni Consolazione                       Marcello Venturoli 1950                                

 

   Mi incontrai con Giovanni Consolazione un giorno svogliato di maggio, quando, in compagnia dell’amico Pasquale, mi recai al bigliardo.

Il retrobottega vuoto, il sottile vocio degli autoveicoli, come se provenisse da sotto il tappeto verde, le palle bianche e rosse che partivano dalle nostre mani per compiere itinerari cocciuti, ma sempre diversi da quelli che volevamo...

    Ed ecco che mi venne in mente un quadro di Consolazione visto, ma non a lungo guardato, alla Biennale di Venezia, quadro che rappresentava per filo e per segno quello stato d’animo che vi ho ora descritto.

    Ebbi subito rispetto per un artista così vendicativo: di quegli artisti descrittori di gelidi bigliardi, (di Teveri desolati, di mondine senza le otto ore, di obelischi semidivelti e di piazze S. Pietro a foggia di uovo sodo) che, una volta riguardati, anche nell’angolo buio di una collettiva dove li cacciarono i soloni dell’arte, non si dimenticano, e, peggio, ritornano nella memoria all’improvviso, proprio con lo stato d’animo adatto, come accadde a me in quel bigliardo.

   Giovanni Consolazione in questa sua quindicesima personale, è li, a parlarvi con opere vive.

Collocarlo nel clima di ricerche della “scuola romana” e della pittura italiana è facile, perchè il pittore se lo merita.

   Ma questo compito lasciamolo alla critica. A noi ci basta ammirare i quadri.

 

                                                                         Marcello Venturoli  1950

 


 

Giovanni Consolazione                                Giuseppe Galassi  

 

Giovanni Consolazione, pugliese, nato nel 1908, porta nell’arte un senso paesano acuto, quasi un profumo di costumanze, di opere, di giorni vissuti fra la gente di campagna, e nel tempo stesso il riverbero di recenti esperienze figurative metropolitano, fuse tutta­via e trasformate dal suo carattere incline alla raccolta, ed all’inda­gine più ‘che all’astrazione. Tanto basta per raccomandarlo al bianco e nero e nella fattispecie al disegno in litografia, di cui sono qui adunati, per l’appunto venti saggi.

    Queste litografie, per così dire, si descrivono pertanto da sè: una umanità sorpresa nel lavoro e nel giuoco, negli acconci fondi o con gli acconci utensili od oggetti che la qualificano, tavoli, botti, bigonci, biliardi, talora la croce nelle figurazioni sacre. Inoltre, conseguenza dell’ormai lungo soggiorno romano, si è dedicato con impegno anche alla tradizionale intrapresa di fornire una serie di vedute di Roma. Fra i saggi, alcuni ci richiamano a certi suoi quadri già noti, dei quali ci ridanno una sorta di scheletro grafico; tutti, comunque, all’ultima fase del pittore che, attraverso uno sforzo perseverante, ha concluso il proprio sviluppo in un assetto, almeno per ora, omogeneo, altrettanto sàpido per la somma dei fermenti accoltivi quanto ripo­sante per gli estri placati.

     Sempre deciso e sintetico è il segno, anche se l’autore indugi talvolta negli accessori: è rettilineo di preferenza oppure, quand’è possibile, voltò in curve ampie dal transito eguale.

    Caratteristica è la prospettiva, orientata sulle due dimensioni, che gli fa quasi sempre allungare le figure sull’asse di un piano inclinato. A tale , specie di scrittura è affidata la sua poesia, che ci si dichiara essenzialmente rurale, domestica, popolana in tendenza. Una poesia che, nelle premesse come nelle risultanze, spontaneamente si aggiorna e così riesce comunicativa.

                                         Giuseppe Galassi 1950

 

 


 

Giovanni Consolazione                               Luis Basuero 1952

 

In questa Italia, inesauribile in lungo e largo dei cammini dello spirito, ho  goduto nei giorni scorsi dell’incanto prodotto in me dall’opera del pittore Consolazione. Tale è stato il mio entusiasmo e fervore dinanzi alle sue tele, che l’artista — come chi affida un giocattolo ad un bambino — mi ha dato questa pagina iniziale del catalogo della sua esposizione, affinché in essa potessi esprimere la mia esultanza.

Ed è qui che me ne sto con questa pittura, che brucia le mani, sveglia l’occhio e muove correnti di emozioni nell’animo, cercando di dire con parole mie ciò che con tanta efficacia cantano i colori nelle opere di Consolazione: la vita e la possanza della pittura nei giorni nostri.

Per questo non ho altra intenzione che segnalare un fatto, mostrare una via, affinchè altri — e molti come me, possano avvicinarsi a queste tele e godere dell’alto dono che questo artista va facendo fruttificare a gloria della pittura moderna.

Consolazione, sicuro della sua tecnica — edifica su profonde basi — e largo di ispirazione — nel suo sangue scorrono le parabole del Vangelo — ci sta sorprendendo ed abbagliando in ogni colore dei suoi quadri. Ed è così che quando vogliamo porre in evidenza l’audacia di un colore, già un altro ci impone silenzio e va diminuendo lo stridore di altri: é la vera musica dei colori il Concerto, quasi la dinamica L’ultima Cena, ed anche l’estasi Il Calvario.

E non è solo il colore; ecco i suoi disegni che mettono a nudo il vigore e la sicurezza della sua composizione.

Ed i suoi quadri hanno un tema — la tanto temuta letteratura — perché ogni quadro di Consolazione, sradicato dal suo sangue o dalle sue vie, è un messaggio trasmesso attraverso la sua originale sensibilità di artista.

E’ per questo che la sua opera possiede una impronta di sicura personalità; non somiglia ad altri; e a forza di sembrare tanto a sè stessa, di ridursi a quanto di più concreto e personale ci sia, ne esplode l’universalità ed il suo messaggio raggiunge tutte le sensibilità.

Nelle sue tele, che pur non si scostano dalla nostra ora, affiorano i nostri sogni le nostre speranze; esse ci offrono la strada per l’evasione e la scala sicura per raggiungere gli alti cieli della nostra fede nell’arte.

E nel rompere l’aria che circuiva le mie parole in questa terra dei miei avi, lascio la mia emozione calda e profonda di fronte all’opera di Consolazione come una luce sicura e fedele arrivata dal lontano Uruguay.

 

                                                                      Luis Basuero  1952

                                                                             (traduzione dl Giovanni Nocchia)

 


 

 

Giovanni Consolazione                                  Luciano Luisi  1952

 

Un incontro con la pittura di Giovanni Consolazione ha un po’ sempre il sapore della scoperta. Se ne accorgono i critici ogni volta che si affacciano alle gallerie dove egli ha allestito le sue personali “ e ogni volta i loro articoli confermano il cammino ascensionale dell’artista, la sua coerente linea di ricerca e di rinnovamento.

Da quando il giovane pittore pugliese fece la prima comparsa nella capitale portando con sè un grosso bagaglio di esperienze umane ed artistiche, la sua pittura ha subito un’evoluzione che potrebbe stupire chi non sapesse leggere attraverso le  “maniere“ successive il filo di uno sviluppo che ha messo in luce una indiscutibile, spiccatissima personalità. Consolazione ha cominciato il suo difficile tirocinio (in una città difficile come Roma, dove convergono tutti gli aspiranti pittori della Penisola e dove gli ostacoli sono d’ogni genere) dando prova di un “ mestiere eccezionale che non mancò di suscitare il consenso dei suoi maestri d’Accademia. Ma chiuso in quelle perfette formule l’artista appassiva. Urgeva al suo spirito una libertà che gli consentisse di ritrovare la sua più genuina espressione. E la prima rivelazione fu data da un biliardo in cui il panno verde, centro focale dell’attenzione spasmodica dei giocatori e degli spettatori, era esaltato sia dal disegno che ne falsava la prospettiva secondo una originale inquadratura dall’alto, sia dal colore che dava a quel panno un risalto assoluto, accecante, su cui le biglie giocavano una loro funzione di luce. Con quel quadro il pittore aveva anche scoperto una sua personale tecnica degli smalti, che non doveva poi più abbandonare.

La critica gli dette ragione, se pure con molte riserve che poi furono abbandonate, e quello fu il primo gradino che l’ha guidato alla felicità coloristica di oggi.

E’ questa una sensazione che vince anche il più ignaro visitatore. Provate ad accompagnare un vostro amico in via del Vantaggio, alle spalle della vecchia Accademia romana di Belle Arti, su su, per una ripida scala guarnita di calebi di gesso e di rami d’edera, allo studio arioso di Consolazione. Il pittore vi accoglierà con il suo viso aperto su cui, come direbbe nel suo gergo, fanno macchia due baffetti dalle punte arricciate che solo da poco hanno perduto la compagnia di un pizzetto che aveva procurato all’artista l’appellativo di D’Artagnan. Oltre il pittore vedrete apparire ad uno ad uno, prima guardinghi e poi sempre più audaci, sette bambini di tutte le età, ma di pochissima età, che corrono, giocano, si rimpiattano fra tele e cavalletti, come tutti gli altri bambini del mondo fra le quinte verdi dei giardini. Ma ecco che Consolazione toglierà gli stracci che celano le sue tele, e una festa improvvisa di colori animerà la stanza, e al visitatore stupito scenderà dagli occhi allo spirito una inaspettata felicità. (I bambini continueranno a giocare, rimproverati inutilmente dal padre.) E il visitatore potrà anche capire un’altra cosa:

come cioè quei bambini abbiano trovato davvero in questo grande studio, un giardino meraviglioso dove la natura appare lussureggiante come solo sanno suggerirla all’infanzia certe indimenticabili fiabe.

Sono colori vivi, audacissimi, festosi : gialli, rossi, viola, verdi, e anche neri, ma così intensi e assoluti che squillano come gli altri colori. L’impressione che se ne riporta è immediata. Quegli accostamenti preziosi e fantastici, la cui logica è da ricercarsi solo nello stato d’animo e nell’istinto inventivo del pittore, sono altamente suggestivi e ne risulta un’armonia che ci consente di riferire a questa tavolozza la famosa poesia di Ungaretti:

Ogni colore sì espande e si adagia

negli altri colori

per essere più solo se lo guardi.

 

Diremmo che più che avere “ inventato “ il colore delle cose egli lo abbia “scoperto“. Ce lo provano le sue  Case sul Tevere  uno dei temi a lui caro, che gli ha consentito di vedere l’acqua variare in una serie di gamme cromatiche, e anche le sue  Venezie dove il tramonto esaspera legittimamente certe verosimili tonalità.

E che dire poi di certi suoi nudi, ove alla quieta compostezza formale il colore dà l’apporto di una calda sensualità che per suo mezzo si esprime. Chi potrebbe dire se il rosa carne saprebbe suggerire la stessa forza di certi verdi che impastano le carni delle sue modelle; ovvero se potrebbe esprimere la mollezza di certi gialli, o la distaccata freddezza di certi viola? La recente mostra romana al Camino ci ha consentito di vedere insieme alcuni nudi risolti in toni e colori diversissimi che davano diversissimi significati a tele il cui disegno era pressochè uguale.

Ma se il gioco pittorico sembra non avere un rapporto immediato con la realtà, ciò non significa che Consolazione muova su un terreno incerto e surreale, e quanto meno che la sua ricerca sfugga ai rigori di una tecnica che egli ha invece, come abbiamo detto all’inizio, duramente conquistata e superata in uno stile che muove ormai verso la poesia.

Per convincercene maggiormente sarà sufficiente guardare la materia che tratta, il gusto della rappresentazione che Io porta a scoprire le osterie di campagna, i caffè di periferia, i tram, i filobus, i carretti dei cocomerai, e tutto con tale precisione cronistica che giunge sino a fargli registrare le targhe dei negozi e le festose insegne della Coca-Cola. Se da una parte questi temi gli consentono delle scoperte pittoriche di grande valore per la sua tavolozza (i verdi e i rossi dei cocomeri, i verdi dei tram e dei filobus, i liberi incontri cromatici costituiti dagli abiti deg1i avventori dei caffè e delle osterie) non può tuttavia sfuggire la tendenza al racconto, alla narrazione.

Tutto questo, essendo risolto per rigorose campiture di colori puri, senza nessun effetto chiaroscurale, impone un disegno compiuto che sostenga la materia pittorica. E Consolazione è infatti un eccellente disegnatore che sa far vibrare con pochi tratti essenziali la figura, ma soprattutto che sa costruire. Le sue composizioni pittoriche derivano da una lunga esperienza grafica.

La composizione chiama, come si è detto, il racconto. E il pittore eccelle quando il dato narrativo si inserisce in un mondo che sfugga alla nostra diretta esperienza e la cui suggestività tematica gli consenta una libera interpretazione coloristica. Ecco dunque l’origine della sua pittura religiosa, forse la più alta, dove la parabola cristiana prende forma e diviene, per così dire, corale; ecco i grandi affreschi murali per il Campo Verano di Roma, le Deposizioni, le Crocifissioni (che gli consentono l’innesto di un altro tema che gli è congeniale: quello della maternità) e, infine, la mirabile serie delle illustrazioni per il Vangelo su un quotidiano romano dove l’artista sale dalla lirica al poema.

Artista d’oggi, giovane, nel significato più ampio della parola. Artista che si è inserito nel grande movimento di rinnovamento che ha scosso tutta l’arte del dopoguerra, dalla poesia al cinema, riconoscendo come già i poeti gli scrittori e i registi l’assoluta necessità di chiedere ispirazione alla cronaca, di elevare la cronaca a dato di fantasia, per poter estendere il proprio discorso poetico ad una più vasta schiera di uomini. Per questo il suo discorso trova ogni giorno più larghi e frequenti consensi.

 

                                                            Luciano Luisi  

                                                ( ALFABETO 15/31 –12 –1952)

 


 

Pittura “Integrale“ di Giovanni Consolazione       Valerio Mariani 1952

 

Se per qualsiasi pittore una riproduzione monocroma della sua opera è come un accenno manchevole e mutilo, per l’arte di Giovanni Consolazione la assenza del colore può pregiudicare fortemente il giudizio critico: in compenso, mentre per altri non basta (sia pure come orientamento d’insieme) aver sottocchio quadro, un abbozzo per intenderne il valore essenziale, ma bisogna esaminarne in gran numero e considerare i modi con i quali il colore entra nel giuoco dei vari elementi pittorici e fantastici, ecco che per il nostro artista, una sua tela ci parla con aggressiva schiettezza e denuncia senza veli il suo programma d’arte.

Con ciò non si vuoI dire ch’egli sia come immobile ed olimpicamente raggelato in una gamma prestabilita entro cui si muove il mondo poetico della sua fantasia (cosa che avviene anche troppo di frequente nell’arte contemporanea) ma significa qualcosa di più profondo e vero: che, cioè, una simile pittura è, oggi, dopo vent’anni dalla prima mostra personale tenuta a Bari nel 1932 (e l’artista aveva appena ventiquattro anni) giunta ad un risultato pieno ed efficace, anche se (qualità sintomatica) essa ci può dare l’impressione d’una polemica coraggiosa e spregiudicata.

Il senso d’immediatezza e di spontanea stesura, come sotto l’impulso d’una rapida intuizione, è soltanto apparente e dimostra (se ancora ce ne fosse bisogno) di quali doti sia fornito il Consolazione e come la maturità dei suoi quarantasei anni segnino quella stagione solare che ogni artista sogna intensamente e assai di rado riesce a cogliere con intima consapevolezza. Altrove ho cercato di rintracciare, attraverso la vita operosissima di questo pittore le tappe fondamentali che ne hanno accompagnato lo sviluppo.

Nè qui è il caso di documentare ancora una volta come tutta la sua natura di artista meridionale, istintivo, abbia rapidamente preso coscienza delle proprie possibilità giungendo ai risultati di oggi.

Vorrei, ora, Invece, parlare dell’arte sua quale si rivela ad un semplice e ignaro amatore che visiti la sua bella esposizione, fatta di più di quaranta tele, aperta al “ Camino” di Roma, in quella via del Babuino che è un po’ la trincea (spesso piena di ” bocche di lupo “) della pittura attuale, nella nostra città.

Il che, poi, vuoi dire parlare di tutta la produzione più recente del nostro artista, che potremmo circoscrivere nel tempo e nello stile, dal 1947 a tutt’oggi. Per chi conosceva G. Consolazione attraverso la prodigiosa abilità di pastellista e di sicuro pittore aderente al “ vero “ (certo con eccessiva ammirazione) e preoccupato di caratterizzare ambienti e persone in una maniera succosa ma raramente poetica, la mostra al “ Camino “, così come le precedenti di Roma, di Milano, e le molte partecipazioni individuali a fortunate gare artistiche con i maggiori pittori italiani, potrebbero far pensare ad una conversione brusca e rivoluzionaria.

Ma quando si siano meditate con calma queste smaglianti e provocanti immagini pittoriche dove il colore sembra rievocare piuttosto le vetrate gotiche del Duecento e del Trecento, che le attuali problematiche pittoriche, ci si avvede che non è possibile risolvere con la troppo facile, eppur attraente ipotesi d’una “conversione” un fatto che ha origini lontane e profonde.

Ma che cosa è il colore, al quale dobbiamo dare la massima importanza, per un tale artista?

Osservate prima i suoi disegni che sono assai conosciuti ed apprezzati attraverso “ cartelle “ edite con buon gusto o pubblicati in riviste e periodici:

sono, in un certo senso, improvvisazioni compositive che hanno raggiunto il massimo dell’immediatezza nel tratto deciso e fervido: e tuttavia da questi fogli sono nati e nascono i suoi quadri, nei quali, appunto, il valore dell’immediatezza è affidato al colore, essendosi la composizione già distesa limpidamente sulla tela, dopo esser passata al vaglio del disegno.

        Ho avuto occasione di trovarmi di fronte alla pittura di Consolazione in varie circostanze: le più caratteristiche furono quelle in cui una o due tele del pittore comparivano insieme ad altre di artisti diversissimi: quando si trattava di giudicarle, accadeva quasi sempre un mezzo finimondo: abituati a considerare la pittura contemporanea nel gusto crepuscolare o su di un piano di astratti valori poetici, o, per contrasto, nella viva polemica del neorealismo, simili dipinti si mostravano, di volta in volta, attraenti o provocatori a seconda delle tele vicine: ma al senso d’impaccio o alla reazione immancabile di fronte a così manifesta violenza (che è poi il vero “candore” pittorico) succedeva quasi sempre in modo certo un’attrattiva quasi fisica dovuta alla spontanea chiarezza di tutti gli elementi del quadro, accadde così per la dibattuta e tuttavia felice scelta dei bozzetti per le lunette ad affresco nel portico del Verano e così accadrà dovunque il pittore si affacci alla ribalta col suo piglio rivoluzionario che nasconde un grande cuore e l’urgenza di valori umanissimi da esprimere.

Si veda la sua Ultima Comunione che, senza volerlo, ci richiama alle allucinanti pitture del Greco: in quella stanza squallida, la persona per cui è segnata l’ultima ora è circondata da gente qualsiasi che si identifica col dramma coloristico del quale sono partecipi figure ed ambiente: soltanto lassù, in alto, (e in fondo) s’apre un chiarore di strana alba contro il quale si stagliano immagini in attesa: la tela fu quasi definita biasfema per la noncuranza di quei principi di pacificata rassegnazione che si usano esprimere in certi frangenti, affascinati da certe pitture veramente esemplari dell’Ottocento (come il « Viatico di G. Toma).

 

Ma chi ha vissuto e vive e riflette internamente la realtà quotidiana, sarà subito preso dalla concitazione spontanea dei gesti di quei protagonisti, che si tramuta nell’incastro dei colori ri­schiosi e”disperati“così come nelle Crocifissioni o nella scarna Ultima Cena lo stesso stridore delle tinte, nell’atto d’illuminare la scena, ne sprigiona una singolare esaltazione quale, poniamo, si osserva in un Rosso Fiorentino quando giunge all’essenzialità della  Crocifissione di Volterra o alle Figlie di Jetro degli Uffizi.

Con questo non voglio accusare di “ manierismo “ un pittore così schietto come il nostro Consolazione, ma, se mai, sottolineare quel tanto di espressionismo in anticipo che si può cogliere nei cinquecentisti fiorentini anticlassici.

Anche il pretesto luministico, per Consolazione, rientra nel mondo del colore: si veda, per esempio, un bel ritratto di  Nietta  o si ricordino certe  Cucitrici illuminate violentemente, eppure senza l’ombra di chiaroscuro plastico.

Lucida, smaltata, ma tutt’altro che immobile o stagnante, anzi saturata di vita, questa materia è l’ultimo portato d’una semplificazione tonale, che, per essere tale, non si piega, tuttavia, ad accordi (come in qualche altro maestro della “ scuola romana “) : ciascuna zona di colore vibra con la massima intensità, dando l’impressione che le tinte siano translucide proprio come accade nei vetri delle cattedrali, nei quali nessuna sfumatura è tollerata e i toni raramente gentili sono ottenuti da schietti accostamenti di puro colore. Nei paesaggi del Tevere, che furono i  primi a segnare la riscossa del pittore e a proporgli l’” aut aut “ della pittura pura, in quelli più scaltriti e mossi di Venezia, tra i quali uno con le gondole nere vaganti sulla laguna di madreperla, è tra le sue cose migliori, la vena pittorica dell’artista assume un tono orgiastico e quasi favoloso: la forma delle cose e delle persone è giusto appena delineata per quel tanto che solleciti un ricordo riconoscibile stagnante nella memoria e nel desiderio.

Altri spettacoli di vita nascono, ancora una volta, dalla semplice impressione coloristica rimasta nella retina o nell’anima: cosi la Cocomerara che si pone bravamente in gara con tante pitture dello stesso tema vincendole per

forza dì trasfigurazione poetica, dove quell’affannarsi di persone attorno all’incanto di quell’incendio di cocomeri spaccati è la quintessenza di tutto lo ambiente di vita serale o notturna, carpito in un attimo di felice attenzione rincasando tardi, per Roma.

Alcuni di questi quadri sono legati da problemi che passano dall’uno all’altro: come quella Sartoria dove i paraventi servono da quinte coloristiche per le figure sovrammesse, e Le due sorelle riduzione esemplare degli stessi elementi ad un modello felicemente attuato: in quest’ultima tela, nella quale le due bimbe sono rivolte “ a specchio” in un raccordo volutamente

simmetrico, il paravento di fondo propone una modulazione di tinte, che musicalmente equivalgono alle tonalità dell’accompagnamento, mentre la natura morta del primo piano s’affaccia alla ribalta come un motivo iniziale donde sorge la trasognata, ma intima, umanità delle bambine argute e pazienti.

Quasi tutte le tele migliori di G. Consolazione si lascerebbero ridurre a termini musicali per l’alto valore dei timbri coloristici, ma è pur giusto che tale riduzione resti nel nostro sentire, mentre la pittura è là, compiutamente espressa, ricca delle sue fragranze policrome: integrale.

 

                                                                   Valerio Mariani  1952

 


 

 

Giovanni Consolazione                            di Guglielmo Petroni 1953

 

Fin da quando conobbi Giovanni Consolazione, fin da quando avvicinai un aspetto parziale della sua pittura senza conoscerne il corso anteriore, mi sembrò giusto pensare ad una personalità piuttosto potente e nativa che, se pur non aveva ignorato le esperienze di rigore, già di per sé stessa s’imponeva all’artista quando occorreva per renderlo immune dalla necessità di passarvi praticamente dentro. Non vorrei con questo buttar là una facile condanna « alle scuole » od alle

 « tendenze » nelle quali si ravvisa il nostro tempo: spesso, per certi temperamenti di natura e di educazione intellettualistica, il partecipare dell’una o dell’altra tendenza teorizzata dal proprio tempo, è un modo quasi necessario per non rimanere fuori, per render vivo un sentimento scolastico, nonchè per dargli quella spinta dinamica che la gioventù d’un artista ha bisogno di cercare dove più gli sembra d’averla scoperta.

 Non vorrei condannare quel processo preparatorio dal quale, del resto, sono usciti molti dei nostri maggiori ingegni artistici; ma non posso nascondere una specie di naturale spontanea simpatia per quelle nature le quali, pur non mancando e non nascondendo nella propria opera ed in sè stessi, la coscienza del valore di tutte queste cose, nascono con una struttura organica già decantata; qualche volta per eccesso di consapevolezza perciò su un piano cosciente ma freddo, qualche altra per una foga interna nativa, per un bisogno di essere sempre presenti a se stessi, che è quasi forza cruda, quasi eccesso di salute e di predisposta serenità.

Grosso modo potrei dire che la mia prima simpatia per Consolazione venne dal sentire in lui uno di questi temperamenti, già designati in anticipo, già sbozzati dalla natura nella forma entro la quale sono chiamati a svolgersi, anche quando non manchino, ed in lui è stato assai evidente, di quella attenzione necessaria per non ignorare che non si è ciò che natura ci ha fatto, se non quando ad essa si è saputo aggiungere la consapevolezza di quanto ci sta attorno e di ciò che succede nella coscienza del mondo in cui viviamo.

Oggi Consolazione è padrone di una propria e particolarissima tavolozza, ha esemplificato la sua visione pittorica, ha messo a punto una tecnica nella quale sembra aver decantato i pochi elementi essenziali al suo procedimento; ma ciò che è importante non è stato uno stile raggiunto attraverso una ricerca, quando l’averlo conseguito in assoluta armonia con la sua intima e nativa necessità di rivelare un mondo umano.

Sarà importante in questo senso percorrere il suo cammino dalla prima pittura ad impasto, che teneva conto di alcuni elementi impressionistici, ai ritratti di uomo, alle composizioni di bambini, ai quadri di scene romane, fino alla sua pittura ispirata ad elementi religiosi.

Quest’ultima tappa del pittore, non occorre sottolinearlo, comunque sia stata raggiunta, sottolinea quel temperamento che per la pittura non prescinde dall’uomo, giacchè le sue crocifissioni, le sue scene evangeliche, evidentemente sono per sè stesse la trascendenza d’un ideale che, dalla realtà sperimentale sul vero, pian piano si addentra là dove la spiritualità si fa sempre più universale.

Scoperte certe particolari possibilità che si addicevano alla sua necessità di esemplificazione coloristica e spaziale in alcune poche tinte a smalto, adoprate integralmente per contrasto e per larghe campiture spaziali, Consolazione attraverso una sorprendente disciplina disegnativa aveva compreso come il suo disegno deciso, sicuro, ispirato alla scolastica dell’alta tradizione figurativa cristiana, soleva trarre elementi drammatici da inserire in un sentimento proprio congeniale a sè stesso.

Ed è in questo senso ch’egli trova poi il modo di trasportare la sua esperienza grafica in una pittura tutta colore, tutta zone libere che si richiamano l’una all’altra, che eliminano il chiaroscuro, quasi a volere in un sol termine improntare pittoricamente e spiritualmente una vicenda.

Il rapporto tra l’esperienza forte e suggestiva conseguita nel suo disegno e la sua pittura è dunque diretto.

Anche qui Consolazione dimostra con molta evidenza una disciplina integrale, più voluta dalla sua natura, dalla spontanea volontà di una costituzione nativa, che da un troppo sottile ragionamento intellettuale. In tempi nei quali, malgrado il lento volgere delle coscienze verso alcune verità che confinano la pura astrazione lontana dalla vita, questa esigenza che in Consolazione si mostra tanto evidente, si fa importante e indicativa, ancor prima che se ne esaminano i risultati particolari i quali, d’altra parte, sono degni della più coscienziosa attenzione.

Tutti sappiamo che, anche quando non lo si scopre apertamente nell’opera, il conseguimento d’un proprio mondo stilistico, di un proprio modo di intendere le cose, d’una propria scelta, è la storia dolorosa di un cammino nel quale la fatica della vita si innesta nella fatica dell’arte, e la lotta per la sopravvivenza è tutt’uno con la faticosa ricerca di quell’equilibrio che ci conduce ad una conclusione sincera della propria matu­rità. Consolazione deve aver certamente com­battuto una sua dura battaglia, è chiaro: non basta esser dotati d’un temperamento più imperativo e più precostituito di tanti, perchè perdersi ai margini è facile, ed è il pericolo di tutti i giorni. Disperdersi per le vie laterali, anche provvisoriamente è quasi fatale se pur non necessariamente fatale; ma Consolazione, come abbiamo detto, sembra aver accettato dall’esterno quel minimo necessario per non rimanere fuori d’una cultura pittorica moderna, per dedicarsi quando più gli è stato possibile alla sua nativa esigenza di artista.

 Le ormai ben conosciute “ case sul Tevere “ che rappresentano un momento assai preciso del tirocinio pittorico di Consolazione, affidano il loro equilibrio costruttivo a poche superfici piane sapientemente inquadrate e risolte attraverso una trasfigurazione coloristica che, se pur non dimentica la realtà, ne ricerca il dramma con un rapporto, spesso violento, ma risolto pacificamente.

Bisogna dunque ammettere che Consolazione, per rendere con la sua essenziale sicurezza quelle figurazioni che si abbracciano intere immediatamente, lascia ed ha lasciato dietro di sè tutta la fatica del suo tirocinio, impadronendosi di quella sicurezza che, in pittura, come in tutte le arti, è la propria maturità.

Oltre a questa sua notevole capacità di concludere anche figurazioni complesse in pochi elementi spaziali, già a lungo dovremmo parlare della sua particolarità di colorista espressivo, di buon manipolatore del colore, giacchè in esso, se pur resta la semplicità raggiunta dalle larghe composizioni spaziali, si nasconde invece una elaborazione che porta il colore ad esprimere una data situazione umana, dimostrando una intelligente elaborazione tutta di ordine spirituale.

Bisogna tener molto conto di questa sua volontà e necessità di trasfigurare ed esemplificare in una grafia spaziale, in una singolare suggestione coloristica, perchè è attraverso questi elementi se si vuole esteriori, ch’egli raggiunge la rappresentazione drammatica d’un aspetto delle cose o della composizione di una vicenda.

Con queste ultime osservazioni mi pare che una cosa risulti evidente, ed è che Consolazione è un artista il quale, in un momento in cui tutti tendono a restringere il proprio mondo, la propria preferenza, i propri elementi esterni o interiori, egli ha percorso in tutta la sua larghezza e nel senso più completo e tradizionale, l’intera possibilità dell’arte figurativa.

Una situazione dunque audace quanto mai, così irta di pericoli da mettere in imbarazzo a dichiararla. Ma Consolazione dimostra con evidente semplicità di non sentire tale imbarazzo nemmeno a realizzarla, e non per poca coscienza, ma per aperta confidenza con se stesso, col proprio mestiere, e con la propria nativa fiducia nel conseguirsi senza le titubanze che tutti ci tengono e ci frenano.

La larghezza del suo gesto, l’assenza di oscillazioni di fronte ai massimi problemi, ci assicurano che egli si comporta secondo una vocazione per la quale non è necessaria altra tematica se non la sincerità con se stesso. E, di fronte a tutto ciò, anche se fosse necessario, dovremmo ritenere inutile la disquisizione su alcuni aspetti particolari, perchè un uomo che lavora con quella vasta energia si mostra sempre nel suo insieme, si presenta sempre su un fronte vasto che non consente e rende inutile la ricerca di un particolare, la discussione su un aspetto parziale.

                                         Guglielmo Petroni     Roma 1953

 


 

 

Caro Consolazione,

ti ringrazio di avermi invitato a vedere queste sculture che rappresentano la tua attività più recente. Ci hai lavorato gran tempo, e pochi sapevano di questa tua nuova esperienza, nuova non solo perchè diversa da quella precedente di pittore che tutti conosciamo, ma soprattutto per l’inedita ricerca formale. Mi par di capire che, quando hai avuto bisogno di sperimentare queste materie metalliche, il problema deIl’immagine ti si è andato configurando, nella pratica, in modo niente affatto tradizionale. I rapporti tra le superfici dei piani di alluminio, o di rame, il ritmo lineare che spesso contorna le figurazioni, ha assunto un carattere diverso di rappresentazione, pur se è facile scorgere che si basa su elementi compositivi che ti sono caratteristici. Resta il fatto che hai avuto necessità di modificare il modulo visivo e che hai capito che per un materiale nuovo, come quello che hai voluto usare, non c’era più bisogno di insistere sulla resa descrittiva dell’immagine, e il tuo scambio con la realtà s’è fatto più sottile, allusivo e surreale.

Quando metterai fuori queste sculture, immagino che molti saranno pronti a saltarti addosso, magari accusandoti di tradimento e faciloneria nel seguire la moda che dicono imperante. Lascia correre. Hai alle spalle anni di lavoro, e se sei giunto ad una nuova soluzione e se questa soluzione hai preferito cercarla nella scultura, significa che avevi una necessità a spingerti, che avevi bisogno di essere sincero davanti a te stesso. Un artista è quelIo che è e dà quello che può e che deve dare, faccia il pittore o lo scultore, sia figurativo o sia astratto. Del resto, ti dicevo, è facile accorgersi della persistenza del tuo modulo compositivo fondamentale: eleganza, ritmo, certe tenuità formali, che apparivano nelle tue pitture, si ritrovano in questo nuovo modo e in queste nuove materie. Anzi, quello che era il rapporto tonale dei colori si ripete adesso nella diversa lucentezza o opacità dei metalli accostati; la linea che contornava i tuoi disegni, e definiva le immagini, è mantenuta nei filamenti metallici che serrano la composizione e articolano. Tutto dimostra, in definitiva, che queste opere nascono da quella stessa necessità da cui prima nasceva la tua pittura. E allora, poichè è così, non ti resta che continuare. Ti auguro successo e buon lavoro.

 

                                                                           Nello Ponente 1958

 


 

Giovanni Consolazione                                 Giorgio Kaisserlian  1958

 

 

 

Ritroviamo nei dipinti di questo carissimo amico il suo mondo estroso e vivace, in un momento particolarmente felice di tensione creativa.

Consolazione sa presentare le situazioni visive più familiari animandole con l’acceso fervore del suo ingegno. In altri tempi i suoi scatti coloristici hanno po­tuto apparirci talvolta fin troppo accesi. Ora ci tocca osservare ch’egli ha trovato in sé il senso di un equilibrio compositivo che lo preserva da ogni eccesso.

E questo equilibrio non va disgiunto da un’ampiezza di respiro che spazia a suo agio nelle grandi composizioni che Consolazione affronta.

Che si tratti di situazioni familiari oppure di paesaggi con figure, si potrà notare la coerenza artistica del nostro artista. Il suo sguardo sereno e vivo pare innalzare un clima « d’infanzia ritrovata », permeato di semplicità e di freschezza, ogni oggetto che egli evoca.

E ben si può capire come egli possa dare piena espansione al suo linguaggio quando egli tratta delle figure religiose.

Ma Consolazione sa anche ritrovare le radici spirituali del suo mondo profano, quando egli si sofferma, insistente, sopra una figura sino a cavarne il ritratto spirituale. I suoi interessi sono vari e complessi e Io spettacolo di una strada animata, di un incontro sportivo, riescono ad interessano quanto una evocazione assorta di una figura in un interno silenzioso. Egli riesce sempre meglio a porre in dialogo quello che interessa (fuori di lui) con la fresca vivacità delle sue proposte. Questa « infanzia ritrovata » che sembra dare un senso al suo linguaggio attuale, che è sicuro e deciso, non è stato per lui un dato istintivo iniziale, bensì il risultato di anni di tenace lavoro. Come dice il Petroni: «Bisogna dunque ammettere che Consolazione, per rendere con la sua essenziale sicurezza quelle figurazioni che si abbracciano intiere immediatamente, lascia ed ha lasciato dietro di sé tutta la fatica del suo tirocinio, impadronendosi di quella sicurezza che in pittura, come in tutte le arti, è la propria maturità ». Consolazione è d’altronde solo all’inizio della sua piena maturità e siamo sicuri che il suo mondo poetico saprà arricchirsi nel futuro di nuovi motivi e di nuovi approfondimenti.

 

Giorgio Kaisserlian  1958

 

 


 

Giovanni Consolazione

 

La vena creativa di cui è dotato permette a Consolazione di affrontare

gagliardamente tutti i temi che la sua ispirazione accesa ed il leale amore per la vita gli propongono durante l’intensa giornata pittorica.

Dalla natura morta al nudo, dal paesaggio al tema religioso
ed alla composizione a carattere sociale, Consolazione procede con lo stesso piglio audace: il colore squilante, il gusto della composizione possente, la immediatezza di un disegno saldissimo e minuzioso sono, assieme ad una umana schiettezza di emozione del tutto nostrana, le doti costanti di ogni sua opera. E proprio questa inventiva multiforme, espressione di una umanità libera e vibrante, costituisce la sua più bella dote fino a fargli meritare la patente di artista tenace e coraggioso, fedele alla tradizione quanto alla libertà creativa.

Usa Consolazione disporre su di un disegno efficace e maturo i colori puri, su vaste campiture ed in accostamenti decisi. Non è certo una novità di tecnica, questa, che ritroviamo in più di un pittore d’oggi, ma nel Nostro assume spesso un carattere del tutto particolare: un valore di espressione tale da rafforzare sia un contenuto sia uno stato d’animo. I colori sono dunque per Consolazione il suo alfabeto immediato, il suo mezzo di intima interpretazione, un prodotto istintivo della personalità meridionale e popolare che, in lui, singolarmente si sovrappone al culto della composizione e del disegno, ereditato dalla nostra tradizione classica. Se poi questo divario tra civiltà ed istinto mai stride ed anzi diviene il modo d’essere del nostro pittore, dà che è merito della felice coerenza che in lui si riscontra sempre tra l’uomo e l’artista.

Del resto proprio i temi sacri, tra i più impegnativi e pericolosi dell’arte contemporanea, confermano questo suo valore: qui, infatti, l’audacia, per non divenire arbitrio, esige un aumento di sentimento e di sincerità, una unità dell’uomo con la propria fede che non possono essere certo falsificati freddamente.

 

                                       Lorenza Trucchi 1958

 


 

 

Giovanni Consolazione                                      G. Petroni  1960

 

Consolazione è uomo del sud, è pugliese, è nato a Gravina di Puglia nel 1908, e, della sua terra porta, nella propria arte tutti i segni più genuini, tutte le stigmate più umane che fanno tutt’oggi, dell’uomo del Sud, la persona più profondamente capace di svilupparsi sul piano umano; più capace di portare nella vita e nelle opere, la reale presenza dell’uomo e della vita, organicamente, al di fuori dell’astrazione, anche quando sia astrazione soltanto passeggera, sperimentale.

Per gli uomini di questo stampo, l’esperienza si svolge tutta su una natura già predisposta, è scontata in anticipo, benché non sia meno sofferta nei cuore della propria inderogabile e già tracciata predisposizione.

Ma, tutto ciò, non giustifica soltanto una nostra predilezione per un certo tipo d’artista a cui Consolazione somiglia, ma illustra l’intima consistenza della sua pittura, sempre fedele ad un ideale spontaneo che mette l’uomo al centro del suo mondo pittorico e spirituale.

Oggi Consolazione è padrone di una propria e particolarissima tavolozza, ha esemplificato la sua visione pittorica, ha messo a punto una tecnica nella quale sembra aver decantato i pochi elementi essenziali al suo procedimento; ma ciò che è importante non è stato uno stile raggiunto attraverso una ricerca, quanto l’averlo conseguito in assoluta armonia con la sua intima e nativa necessità di rivelare un mondo umano. Sarà importante in questo senso percorrere il suo cammino dalla prima pittura ad impasto, che teneva conto di alcuni elementi impressionistici, ai ritratti di uomo, alle composizioni di bambini, ai quadri di scene romane, fino alla sua pittura ispirata ad elementi religiosi. Quest’ultima tappa del pittore, non occorre sottolinearlo, comunque sia stata raggiunta, sot­tolinea quel temperamento che per la pittura non prescinde dall’uomo, giacché le sue crocifissioni, le sue scene evangeliche, evidentemente sono per sé stesse la trascendenza d’un ideale che, dalla realtà sperimentale sul vero, pian piano si addentra là dove la spiritualità si fa sempre più universale.

Bisogna dunque ammettere che Consolazione, per rendere con la sua essenziale sicurezza quelle figurazioni che si abbracciano intere immediatamente, lascia ed ha lasciato dietro di sé tutta la fatica del suo tirocinio, impadronendosi di quella sicurezza che, in pittura, come in tutte le arti, è la propria maturità.

Oltre a questa sua notevole capacità di concludere anche figurazioni complesse in pochi elementi spaziali, già a lungo dovremmo parlare della sua particolarità di colorista espressivo, di buon manipolatore del colore, giacché in esso, se pur resta la semplicità raggiunta delle larghe composizioni spaziali, si nasconde invece una elaborazione che parta il colore ad esprimere una data situazione umana, dimostrando una intelligente elaborazione tutta di ordine spi­rituale.

Bisogna tener molto conto di questa sua volontà e necessità di trasfigurare ed esemplificare in una grafia spaziale, in una singolare suggestione coloristica. perché è attraverso questi elementi se si vuole esteriori, che egli raggiunge, la rappresentazione drammatica d’un aspetto delle cose o della composizione di una vicenda.

La larghezza del suo gesto, l’assenza di oscillazioni di fronte ai massimi pro­blemi, ci assicurano che egli si comporta secondo una vocazione per la quale non è necessaria altra tematica se non la sincerità con se stesso. E, di fronte a tutto ciò, anche se fosse necessario, dovremmo ritenere inutile la disquisizione su alcuni aspetti particolari, perché un uomo che lavora con quella vasta energia si mostra sempre nel suo insieme, si presenta sempre su un fronte vasto che non consente e rende inutile la ricerca di un particolare, la discussione su un aspetto parziale.

Non si può però finire un esame su questo coraggioso artista senza tornare a sottolineare la funzionalità espressiva del suo dolore; infatti una delle singolarità di Consolazione stà nell’assoggettare una sua soggettiva interpretazione del colore, più che all’effetto pittorico in sé, alla risultanza espressiva, alla esigenza suggestiva del dramma o dell’ambiente ch’egli ha rappresentato.

               

                                                                                              Guglielmo Petroni   1960

 

 


 

Giovanni Consolazione

 

Lontana negli anni è l’origine prima dell’attività artistica di Giovanni Consolazione, pittore pugliese, da una ventina d’anni operante in Roma.

Risale infatti al 1932 la sua prima Mostra personale tenuta a Bari e al 1935 la successiva, tenuta questa volta a Napoli e poiché la tavolozza di quegli anni non lo impegna eccessivamente, Consolazione alterna la sua « prima maniera » ad altre attività, fino a quando non raggiunge Roma, nel ‘38, per dedicarsi alla fotografia e poi alla cinematografia, come operatore presso l’Istituto L.U.C.E.. In questo campo lavora attivamente sino al 1944 dopo aver preso parte, anche come corrispondente, alla 11 guerra mondiale. Durante il conflitto lo troviamo infatti in Africa Settentrionale, dove è subito ferito, e in Francia, al seguito delle truppe operanti, imbarcato su navi da guerra o in volo su apparecchi militari, arditamente esposto a tutti i pericoli. (Sono di questo periodo i disegni di guerra apparsi allora su L’Illustrazione Italiana ).

Sono queste avventurose esperienze di vita a determinare in Consolazione una contrapposta immagine di serenità: all’uomo-Consolazione subentra l’artista-Consolazione, quasi che nello scenario episodico, sul quale ha bruciato la parte migliore della sua giovinezza, si inserisca prepotentemente l’antica aspirazione: la pittura. Gli anni che lo preparano, infatti, ad uno stile porticolare, ad una nuova certezza pittorica, vanno dalla fine della guerra, quando apre lo studio romano di via del Vantaggio, all’epoca circa del «Premio Art-Club, il 1947, che segna l’inizio del suo rinnovato quanto felice periodo pittorico.

Consolazione lavora alacremente: partecipa alle collettive » e alle esposizioni nazionali con puntiglio, volontà, serietà. Ne viene fuori un pittore nuovo, tanto da far giustamente dire a Guglielmo Petroni che oggi Consolazione è padrone di una propria e particolarissima tavolozza » che ha esemplificato la sua visione pittorica, ha messo a punto una tecnica nella quale sembra aver decentato i pochi elementi essenziali al suo procedimento; ma ciò che è importante — continua Petroni — non è stato uno stile raggiunto attraverso una ricerca, quanto l’averlo conseguito in assoluta armonia con la sua intima e nativa necessità di rivelare un mondo umano ».

Con sette figli da mantenere, ma soprattutto da educare — ci dice Consolazione, con la sua simpatica semplicità — chi non avrebbe lavorato con serietà e impegno?.

Sette figli; Duccio, il più grande, nato nel ‘40; Ettore, Ugo, Davide, Silvia e Tiziana (piccole e graziose modelle raffigurate in una magnifica tela per la cui vendita il bravo Consolazione ha rifiutato l’allettante offerta di mezzo milione!) e Livio, il più piccino, nato nel ‘51. Ma la famiglia ha rappresentato per Consolazione qualcosa di più che un forte impulso a lavorare: è stata la viva partecipe del lavoro stesso dell’artista: qualcosa che era sempre con lui e per lui. (Suoi unici modelli, in tanti anni di pittura, la moglie e i figli. Del resto non mai come Consolazione è così interamente valida l’antica saggezza del « tutti per uno, uno per tutti »).

Ora è la moglie del pittore, la gentile Nietta Abruzzini, poetessa di delicata se pur semplice vena, che ci parla di Consolazione: « Guardate — dice guidandoci per la casa e mostrandoci alcuni disegni alle pareti che si chiamano: « I fratelli », « Davide malato », « Nietta con Livio », « Giochi, « Siesta » — è il nostro album di famiglia: mio marito rappresenta man mano episodi e momenti della nostra vita che poi raccogliamo in cornice. Consolazione è padre amorosissimo, anche se opportunamente severo. I ragazzi, d’altronde, — precisa Nietta con materno orgoglio — non dànno spesso motivo di esercitare su di loro la nostra autorità ».

Sembra impossibile che questa piccola donna giovane e graziosa regga da sola il complesso ménage di una famiglia di nove persone, dividendo coraggiosamente col marito, in perfetta serenità, la fatica, oggi perigliosissima, di tirarla avanti e sostenendo altresì, ammirevolmente, il ruolo di educatrice e quello variamente impegnativo di moglie di artista, trovando persino il tempo di scrivere.

« Il lavoro è tanto, ma i ragazzi sono bravi, ordinati ciascuno per se stesso, e questo mi aiuta. Abbiamo organizzato una casa funzionale — dichiara Nietta, accompagnandoci ancora in giro per le stanze — e anche questo aiuta molto nella distribuzione e nel rendimento deI lavoro domestico. Guardate — e ci mostra i letti tipo cuccetta alla marinara nella stanza dei ragazzi più grandi e i letti chiudibii in quella delle bambine, la cucina perfettamente attrezzata di elettrodomestici, col tavolo triplicabile in « fòrmica » giallo-cromo e le sedie radunabili tutte e dieci nello spazio di una soltanto.

A proposito di colori, la casa di Consolazione ne offre una splendida festa, dal giallo squillante del tavolo di cucina, ora descritto, al verde delicatissimo delle maioliche che pavimentano la stanza di soggiorno, alle suppellettili e ai paralumi verdi, rossi, viola.

Sulla grande terrazza della bella casa di via Valenziani, da poco ceduta a Consolazione da Fausto Pirandello, i ragazzi fanno la doccia e si abbronzano, mentre Nietta prepara le merende. Tre chili di pane, quattro litri di latte, cinque chili di frutta: sono queste le unità di misura di alcuni consumi giornalieri della famiglia Consolazione.

Duccio, il maggiore dei sette figli, ammicca argutamente: « La frutta è il grande inconveniente della nostra tavola: la mamma dovrebbe servircela per ultima, ma noi ce ne serviamo da soli il prima possibile, quando e come possiamo, è la nostra continua irresistibile disobbedienza! ».

Il ragazzo ci ha suggerito involontariamente un pensiero malizioso:

per caso, non avete notato anche voi che la frutta è la grande assente delle nature morte di Consolazione?

 

da Vita di Roma anno 3 n. 8-9   1960   di Jolena Boldolini e Carlo Giacomozzi.

 




 

Giovanni Consolazione                        Giovanni Marzoli   1967

 

Luciano Luisi tenne, nel paese natale del Maestro, a un anno dalla scomparsa, un ampio discorso commemorativo, in cui le note umane del rimpianto si alternavano alle acute osservazioni critiche, che, fondendosi ed integrandosi, davano l’esatta statura dell’uomo e dell’artista. Ed io, che ho il privilegio e nello stesso tempo il disagio di riassumere in questa presentazione i giudizi dei più qualificati critici, nel testo commemorativo di Luisi trovo, per iniziare, il maggiore slancio emotivo. Egli, fra l’altro, disse: « ... quel sole che fuori scalda la terra, ha dato il colore ai suoi quadri, ha reso scintillante, luminosa, diciamo pure cromaticaniente violenta, la sua tavolozza, inconfondibilmente sua: quei rossi che si accendono e variano con tutta l’irruenza e tutte le tonalità degli insanguinati tramonti pugliesi... In questa terra, è più facile la comprensione dell’arte di Giovanni Consolazione, e direi anzi, che a quanto è stato detto e scritto, si può aggiungere ed è una spiegazione che la terra pugliese ci offre, una nuova chiave di comprensione critica l’innegabile apporto che alla sua pittura ha dato la nostalgia ». E qui Luciano Luisi spiega come il paesaggio dalle interminabili pianure opulente di spighe dorate e il fulgore dei raggi solari richiamano alla mente i primi quadri di Consolazione, che aveva destato nel difficile e complesso ambiente romano vivo stupore. E rifacendo il percorso evolutivo dell’Artista, approfondisce la sua analisi fino a discoprirne l’anelito quotidiano della ricerca e l’ansia dolorante del rinnovamento: « ... dev’essere davvero lacerante la scelta, o la folgorazione, clic porta un artista a rinnovarsi totalmente, dall’interno, mosso da una dominante passione, alla ricerca di una sua più autentica verità. E a rinnovarsi, non già movendo da una posizione difficile, per adottarne una di comodo, per inserirsi in una moda imperante. Al contrario, Consolazione lascia la strada ormai tracciata dal suo figurativismo postimpressionista, per affrontare quella di un espressionismo dirompente

Basterebbero questi brani (scelti non senza imbarazzo dal commovente testo commemorativo di Luisi) per dare l’idea della validità artistica di Consolazione, tuttavia la sua figura si delinea tanto più quanto maggiori sono le testimonianze. Ne stralcio una autorevole di Guglielmo Petroni: « ... le sue crocifissioni, le sue scene evangeliche, evidentemente sono per sé stesse la trascendenza di un ideale che, dalla realtà sperimentale sul vero. pian piano si addentra là dove la spiritualità si fa sempre più universale. Scoperte certe partico!ari possibilità che si addicevano alla sua necessità di esemplificazione coloristica e spaziale in alcune poche tinte a smalto, adoperate integralmente per contrasto e per larghe campiture spaziali, Consolazione attraverso una sorprendente disciplina disegnativa aveva compreso come il suo disegno deciso, sicuro, ispirato alla scolastica dell’alta tradizione figurativa cristiana, soleva trarre elementi drammatici da inserire in un sentimento proprio congeniale a sé stesso. Ed è in questo senso che egli trova poi il modo di trasportare la sua esperienza grafica in una pittura tutta colore, tutta zone libere che si richiamano l’una all’altra, che eliminano il chiaroscuro, quasi a voler in un sol termine improntare pittoricamente e spiritualmente una vicenda

Attraverso la dissertazione critica la problematica della pittura di Consolazione si esemplifica e prende una decisa fisionomia autonoma.

Valerio Mariani, in un suo approfondito studio, è testimone oculare di questa conquista: «Qualcosa di sconcertante mi apparve appena furono tolti i velari che mi nascondevano i quadri. Come vetrate gotiche essi emanavano strani e luminosi colori senza clic, ormai più, la luce dovesse farne risaltare uno o l’altro: tutti ugualmente distesi senza ombre occupavano giusto lo spazio che l’arabesco del disegno aveva preparato a ciascun campo cromatico. Ma i colori non partivano, come il disegno da uno spunto naturalistico: erano anzi esaltati con assoluta indipendenza e vivevano solo dei rapporti reciproci. Vi predominavano le ocre gialle, i viola, il cobalto e il nero, quel nero che aveva saputo vivere quasi sotto il peso nelle precedenti pitture e che ora si dispiegava in tutta la sua prepotente interezza. Si capiva dal pallore del volto dell’Artista che, nonostante l’aspetto di improvvisata, quella presentazione di tele era stata preceduta da una lunga lotta. Da quel giorno si è iniziata per il pittore Consolazione una nuova certezza pittorica

Le testimonianze si susseguono numerose, da Marcello Venturoli a Gualtiero Da Via, da Bragaglia a Biancale, da Tridente a Scarpa, ma ascoltiamo quella di Luis Bausero, un uruguayano: « Ogni quadro di Consolazione, sradicato dal suo sangue, è un messaggio trasmesso attraverso la sua originale sensibilità... Nelle sue tele affiorano i nostri sogni e le nostre speranze; esse ci offrono la strada per l’evasione e la scala sicura per raggiungere gli alti cieli della nostra fede nell’arte ». Ho riportato questo stralcio — tradotto da Giovanni Nocchia — perché dà la dimensione della comunicabilità della pittura di Consolazione, il quale, scontato ch’ebbe il rischio dell’avventura, si inserì al di là dell’opposizione, non come fenomeno, bensì come forza operante nell’evoluzione delle attività umane. E ciò si deduce anche dalla lettera di Nello Ponente, allorché si trova, improvvisamente, di fronte a Consolazione scultore: « Mi par di capire che, quando hai avuto bisogno di sperimentare queste materie metalliche, il problema dell’immagine ti si e andato configurando, nella pratica, in modo niente affatto tradizionale. I rapporti tra le superfici dei piani di alluminio o di rame, il ritmo lineare che spesso conto ma le figurazioni, ha assunto un carattere diverso di rappresentazione pur se è facile scorgere cime si basa su elementi compositivi che ti sono caratteristici. Resta il fatto che hai avuto necessità di modificare il modulo visivo e che hai capito che per un materiale nuovo come quello che hai voluto usare, non c’era più bisogno d’insistere sulla resa descrittiva dell’immagine, e il tuo scambio con la realtà s’è fatto più sottile, allusivo e surreale... se sei giunto a una nuova soluzione e se questa soluzione hai preferito cercarla nella scultura, significa che avevi una necessità a spingerti, che avevi bisogno di essere sincero davanti a te stesso ».

 

Con i brevi passi dei vari critici la figura di Giovanni Consolazione è tratteggiata con troppa rapidità, ma il compito da me assunto era proprio quello di riassumere in poche pagine di catalogo i molti volumi che contengono la documentazione di un Artista che già s’impone al processo storico.

 

                                                    Giovanni Marzoli  1967

 

 

 


 

 

Giovanni Consolazione                 Giorgio di Genova 2000               

 

Nel dopoguerra comincia a definirsi il discorso di Giovanni Consolazione, pugliese che già dal ‘38 s’era stabilito a Roma (*). A cominciare dal grande olio Le danaidi del ‘47, Consolazione avvia un modo di impaginare il quadro con uno spostamento verso l’alto del fuoco visivo. Nell’opera testé citata, che rappresenta un folto gruppo di contadine al lavoro mentre setacciano e versano in barili il raccolto, la prospettiva è mantenuta ancora nei limiti di una spazialità che non si fa perentoria, come è invece in Case sul Tevere n. 2, in Il bigliardo e ancora più in Case sul Tevere n. 3, tutte opere del ‘47 che, per effetto dell’insolito taglio prospettico, sembrano vomitare addosso al riguardante le dilatazioni spaziali che interessano la parte bassa delle tele.

Consolazione, che in seguito sarà I segretario della sezione arti figurative aderente alla CISL, è un pittore che abbina, spesso assommandoli, soggetti sociali e soggetti religiosi. Così a fianco di opere quali Il cocomeraio, 1947, e Osteria romana, 1948, troviamo Cristo deposto, Crocifissione, 1947, e Cristo davanti a Pilato, 1948; mentre motivi mitologici lo attraggono al di là di queste polarità (Aglauro, 1947).

Lo stile di queste opere è sobrio, per nulla compiaciuto, carico di spontaneità esecutiva, in qualche caso di esiti espressionistici (Crocifissione). È evidente che Consolazione ha assorbito certi umori della pittura tonale romana, dapprima forse in collateralità con Omicciolì, poi con interessamento a certe deformazioni del visionarismo scipionesco. come porterebbe a pensare l’obelisco pendente di Piazza Navona, dipinto del ‘49. Ma e come se I pittore pugliese avesse annacquato, attingendo dal proprio fare diluito, il buon vino del tonalismo Scuola romana, che per altri versi lo coinvolge, almeno nei soggetti, a giudicare da certe sue opere con scene popolari. In realtà, Consolazione è più portato alla stilizzazione, che tuttavia viene come riassorbita dalla sobrietà esecutiva. A ben considerare, sarebbe bastato poco a farlo scivolare in eleganze decorative, come anche certi soggetti sociali da lui realizzati rivelano (Le mondine, 1949).

Già, Le mondine. Anche il pittore di Gravina, nativo cioè di un luogo di radicate tradizioni contadine, non è riuscito a sfuggire al richiamo delle sirene dell’arte sociale. E se dipingere mondine era un topos canonico nei tempi dell’infuriare della offensiva neorealista, in definitiva era un soggetto che non so quanto poteva essere «vissuto» da Consolazione, cresciuto nel Sud e attivo a Roma. I contadini al lavoro invece erano una fondamentale zona del suo retroterra culturale ed è probabile, allora, che il rischio di decorativismo gratuito insito in Le mondine sia dovuto al fatto che è un’opera di maniera. Infatti tale rischio non appare nella più mossa e articolata scena contadina raffigurata in Composizione del ‘53.

Col passare degli anni, comunque, Consolazione accentuerà la propensione al sintetismo pittorico, nel quale ogni immagine è resa con poche linee e con colori piatti e spesso privata dei dettagli (si veda a riguardo il nudo, riflesso nello specchio e privo di qualsiasi accenno al seno, in Donna allo specchio del 1959). Su tale scia Consolazione negli ultimi anni di vita (morirà nel maggio del 64 a Roma) sembra sempre più proteso a concentrare tutto in pochi elementi e per contrasto e voler fantasmizzare in stesure soffiate il resto, com’è in Donna con fiore del ‘61.

                                           G. di Genova

 

                                                                           “Generazione italiana del novecento”  2000                               

                                                                             Edizione Bora Bologna

 

                    

 (*)   Consolazione, che aveva tenuto la prima personale a Bari nel 32, proveniva dall’attività di fotografo e ritoccatore di foto, svolta nel laboratorio del padre Salvatore, appunto fino al 38, quando fugge da casa per venire a Roma, dove lavora come operatore cinematografico per le riprese artistiche e i documentari sui vari artisti contemporanei presso l’istituto LUCE. Allo scoppio della guerra viene spedito n Africa, dove è ferito alla testa durante un combattimento aereo. Tornato a Roma, dal ‘43 vi tiene personali. Nel dopoguerra partecipa a varie mostre nazionali, divenendo intanto membro effettivo dell’Accademia Latinitatae Excolendae. E’ in questi anni che frequenta l’Accademia di Belle Arti di Roma, dove, dopo il diploma, fa l’assistente alla cattedra di pittura per un certo periodo, per poi passare, dopo aver insegnato anche a Bologna, al Liceo artistico di via Ripetta a Roma. Nel ‘47, assieme a Omiccioli, Mafai, Melli, Monachesi, Purificato ed altri, fonda l’istituto di Solidarietà Artistica, del cui comitato esecutivo fa parte. Nel ‘48 partecipa alla XXIV Biennale di Venezia e nel ‘49 viene prescelto per ‘esecuzione di due lunette in affresco nel quadriportico monumentale del Verano.

 


Caro Consolazione.

Ho seguito col più vivo interesse la sua fantasia quando crea i moti disperati attorno al Cristo portacroce, o la Deposizione, o la Crocifissione o alla calma sonnolenta della madre allattante, o le sintesi formali delle donne nella Nascita o nell’atto di cucire a macchina, o le forme nuove e strane dei cavalli in gruppo. La varietà illustrativa non impedisce la coerenza dello stile che impronta di sé ogni immagine...

                                                                           Lionello Venturi

 

 

 Conosco e apprezzo l’opera del pittore Giovanni Consolazione che da vent’anni circa partecipa assiduamente alle principali manifestazioni artistiche nazionali e internazionali distinguendosi per le sue chiare qualità di gusto e di stile e per il suo costante interesse verso le più moderne correnti figurative europee...

 

                                                              G. C. Argan

 

 

 

     E’ un artista che alle naturali doti di disegnatore e di colorista unisce una studiosa attenzione rivolta alla comprensione dei fatti nuovi della pittura contemporanea e alla ricerca di nuovi mezzi espressivi.

La evoluzione e i rivolgimenti stessi della sua pittura che tende a una sintesi formale sempre più serrata ed efficace nella sua apparente semplificazione e ad un certo cromatismo tanto più espressivo quanto meno legato a spunti realistici ed impressionistici, testimoniano la serietà della ricerca, l’aperta sensibilità dell’artista e al tempo stesso la costante coerenza al proprio temperamento...

                                                                       

                                                                                                          De Angelis d’Ossat

 

 

Mi incontrai con Giovanni Consolazione un giorno svogliato di maggio, quando, in compagnia dell’amico Pasquale, mi recai al bigliardo. Il retrobottega vuoto il sottile vocio degli autoveicoli, come se provenisse da sotto il tappeto verde, le palle bianche e rosse che partivano dalle nostre mani per compiere itinerari cocciuti, ma sempre diversi da quelli che volevamo. Ed ecco che mi venne in mente un quadro di Consolazione visto, ma non a lungo guardato, alla Biennale di Venezia, quadro che rappresentava per filo e per segno quello stato d’animo che vi ho ora descritto. Ebbi subito rispetto per un artista così vendicativo: di quegli artisti descrittori di gelidi bigliardi, (di Teveri desolati, di mondine senza le otto ore, di obelischi semidivelti e di piazze S. Pietro a foggia di uovo sodo) che, una volta riguardati, anche nell’angolo buio di una collettiva dove li cacciarono i saloni dell’arte, non si dimenticano, e, peggio, ritornano alla memoria all’improvviso, proprio con lo stato d’animo adatto, come accadde a me in quel bigliardo...

                                                             

Marcello Venturoli

 

 

      Più volte ho avuto occasione di scrivere della sua arte originale che è considerata tra le affermazioni più sicure e personali della moderna pittura italiana...

                                                                           Valerio Mariani

 

 

       L’opera di Giovanni Consolazione, la seguo e l’apprezzo da molto tempo. E’ un pittore che ha delle ottime qualità che lavora seriamente e che dà prova di non comune intelligenza anche fuori dello stretto campo della pittura...

                     

                                                                           Leonardo Borgese

 






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